La sfida al capitalismo ed al liberismo deve essere vinta non solo sul piano tecnico quanto e soprattutto su quello spirituale… marcando una superiorità di tipo gerarchico in cui i valori umani si differenzino al massimo.
La Nostra concezione di proprietà pubblica nazionale è, infatti, una visione che non si derubrica a semplice metodologia… ad un insieme di processi di funzionalità tecnica, ma si eleva a momento spirituale nel quale la vita sociale si unifica moralmente “nella gioia del dare e del sacrificarsi” e, quindi, nel rifiuto di ogni fine privato dell’esistenza.
Essere a favore della proprietà pubblica attraverso la eliminazione ed abolizione della proprietà privata non è solo economia… ma politica, morale, religione, essenza unica della rivoluzione che dovrà caratterizzare il terzo millennio.
In quanto spirito identitario il soggetto della comunità organica di popolo fondamento della Nazione riconosce di dover rinunciare “al di più” diventando cosciente, in tal modo, di avere realizzato il bene della Patria.
Ideale questo che può sussistere non soltanto in un solo Paese… ma anche e soprattutto in un solo uomo, vale a dire nella coscienza del singolo; là dove può rivelarsi nella pura spiritualità.
L’identitarismo nasce, infatti, per contrapporsi alla “individuocrazia” liberale, affermando l’immanenza dello Stato nelle singole parti che lo compongono.
Tuttavia esso non può conciliare la proprietà privata con il dovere di metterla al servizio della collettività - al di là della reale capacità e volontà politica di trovare la giusta sintesi a tutto ciò - perché di fatto cederebbe alla superiorità della prima, il cui diritto rimane fattualmente intangibile.
Ecco il perché la fase della rivoluzione del terzo millennio deve passare attraverso l’attacco alla proprietà privata… - che è criminogena… ed in più recidivante in quanto si perpetua a favore del singolo senza merito e non della Nazione e, quindi, del popolo - annientarla e sostituirla con la proprietà pubblica in funzione produttiva per lo Stato organico di Popolo a fondamento della Patria.
La proprietà privata dei mezzi di produzione deve, pertanto, passare al corpo sociale intermedio tra individuo e Stato che viene individuato nella comunità organica del popolo.
In questo modo il concetto di proprietà supererà definitivamente l’essenza negativa della proprietà individualistica ereditata dalla rivoluzione francese e la sua egoistica quanto individualistica rivendicazione così come ideologicizzata dall’illuminismo massonico.
Dovrà e sarà necessario affermare un concetto di proprietà non più volto a fare di essa un inalienabile e assoluto diritto dell’individuo, ma una funzione utile all’interesse della Nazione.
Non si può proseguire oltre nella scellerata logica di contrapposizione dell’interesse pubblico e quello privato… dovendosi privilegiare lo Stato Nazionale… occorrerà fonderli nell’identità di capitale e lavoro, di sindacalismo e proprietà.
Il capitale dovrà essere abbattuto nella sua portata usuraia e passare dagli azionisti ai lavoratori delle comunità organiche del popolo, i quali acquisiranno la proprietà in base a meriti gerarchici determinati da competenza ed impegno.
La rivoluzione del terzo millennio passerà attraverso la rielaborazione del concetto di proprietà avendo il dovere di fare sentire che essa rappresenta una forza costruttrice storicamente all’avanguardia, capace di lasciarsi alle spalle, dopo averli annientati… liberismo… capitalismo e residue confusionarie idee marxiste.
Dunque…
Non aristocrazia ereditaria e neppure il suo astratto opposto segnato dalla democrazia maggioritaria, bensì la gerarchia di tutti continuamente formantesi e rinnovantesi nell’assolvimento delle funzioni sociali, dalle più elevate e complesse alle più umili e semplici.
Non comunismo fondato sul peso della massa come numero, ma collaborazione di tutti all’opera comune, determinata in ogni suo aspetto con il solo criterio della competenza.
L’obiettivo deve essere quello di garantire ad ogni membro della comunità organica del popolo il lavoro senza dipendenza dal capitale affidato all’individualismo egoistico della proprietà privata...
Ci si ripropone attraverso questa metodica di realizzare una nuova concezione del lavoro, capace di sviluppare un senso di appartenenza, di solidarietà, di responsabilità. Un ethos capace di rivoluzionare il rapporto tra cittadini e quello tra popolo e Stato.
Il lavoro dovrà essere ‘spiritualizzato’ poiché il peso fondamentale non sarà più attribuito alla semplice materialità del possesso dei mezzi di produzione.
Senza mezzi termini Noi diciamo che la proprietà dei mezzi di produzione avendo un ruolo sociale, non può essere abbandonata all’arbitrio individuale del proprietario.
La proprietà privata va ferocemente annientata e dovrà essere travasata attraverso i mezzi espropriativi nelle mani delle comunità organiche del popolo nella forma della proprietà pubblica con finalità sociali e solidali e per tanto etiche aderenti al modello dello Stato Nazionale.
La comunità organica del popolo nelle cui mani si concentrerà la proprietà pubblica sarà l’organizzazione in grado di eliminare ogni antagonismo di classe e capace di realizzare nelle aziende il modello della supremazia assoluta dello Stato nazionale, nel quale al mondo borghese-capitalistico verranno tolti onori e privilegi.
La civiltà liberale e borghese ha potuto fare della libertà il monopolio di una classe solo a patto che i molti non liberi ne pagassero il prezzo; ma se oggi la stessa libertà vuole essere rivendicata da tutti, sì che nessuno resti a condizionarne il privilegio, la lotta di classe si muta in lotta di gruppi e di individui, tutti al privilegio anelanti e tutti impegnati nella corsa degli egoismi più sfrenati.
La presunta libertà diventa il principio della disgregazione, dell’atomismo e del conseguente caos, del quale viviamo gli effetti nefasti nel degenerato mondo della modernità.
Perché a questa logica sia dato sottrarsi, occorre vivere di un’altra fede, credere in un nuovo mondo sociale, che vada al di là del liberalismo e realizzi nella comunità degli uomini un ideale che non sia quello del tornaconto del singolo e del calcolo economico di chi guarda alla propria persona come centro del mondo.
Un ideale compiuto che deve consegnare alle coscienze un programma che nasce dalla collaborazione di tutti, come ragione d’essere di una vita comune in cui la volontà di ognuno si risolve nella volontà sociale.
Nessuno appartiene più a se stesso perché ognuno diventa soltanto parte di un organismo e dell’organismo acquista il carattere superiore, la forza, la coscienza e la finalità.
Ora, agli inizi del XXI secolo, dove il principio individualistico e il privilegio borghese sembrano avere trionfato ovunque, al di là del nome che ognuno di noi attribuisce alla ‘nuova fede’ di cui con presunzione delineiamo i tratti e tracciamo il cammino, non si può tralasciare di realizzarla dentro di Noi, affinché la civiltà europea possa ancora guardare al futuro con un briciolo di speranza.
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