DECRETO SALVABANCHE: SCATOLE VUOTE MA A NORMA DI LEGGE.
ESISTE UNA STRATEGIA DI ESPROPRIO?
Il 22 Novembre 2015 con decreto nr 183 il governo si affrettò ad approvare “urgenti disposizioni in materia creditizia”1.
Nottetempo
risorgono dalle loro ceneri e senza nessun peccato, quattro nuove
società per azioni: “Nuova Banca dell’Etruria e del Lazio”, “Nuova
Carichieti”, “Nuova CariFerrara” e “Nuova Banca Marche”. Questi i nuovi
“enti” in cui trasferire tutte le poste di bilancio considerate sane:
azioni, partecipazioni, diritti, attività, passività.
E la parte marcia?
I debiti delle banche e le altre parti “insane”, come ad esempio i prestiti che la banca non riuscirà a recuperare, sono stati trasferiti a una nuova società: sono le cosiddette bad bank, cioè scatole vuote che esistono soltanto per tenere in pancia le perdite e vendere i crediti inesigibili a società specializzate nelrecuperarne almeno una parte2.
Capito? scatole vuote. Tutto secondo la normativa, tutto legale.
Sul
come poi crediti dichiarati inestinguibili, tant’è che portano alla
chiusura di istituti bancari, diventino “in parte recuperabili”, il
lettore può usare la fantasia. Le quattro banche sopra citate versavano
da anni in grosse difficoltà. Nonostante ciò esse sono “risorte” grazie
in parte al fondo salva banche ed in parte attraverso l’azzeramento del
valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate3.
Sulla
questione è stato detto di tutto e di più. Si son fatti passare per
“investitori propensi al rischio” semplici risparmiatori: lavoratori,
pensionati, gente comune.
Basti
pensare che il rendimento offerto dalle obbligazioni subordinate di
Etruria era pari al 3,5% da decurtare poi della ritenuta fiscale. Ben
lungi quindi dai rendimenti faraonici di cui si sente parlare spesso4.
Riteniamo che sulla vicenda vi sia un vero e proprio problema di giustizia sociale.
Chi
si è salvato senza colpo ferire sono le banche, cioè proprio quei
soggetti che dovrebbero essere ritenuti responsabili in caso di mala
gestione o eventi avversi, così come d’altronde avviene per ogni impresa
gestita da un comune cittadino.
Chi
ci ha rimesso sono i privati, ovvero coloro che hanno la sola colpa di
aver riposto fiducia nelle banche presso le quali credevano di essere
tutelati.
ll fondo salva banche ha scucito ben 3,6 miliardi, ovviamente soldi degli italiani, per salvare gli istituti suddetti.
Essendo
poi tale denaro insufficiente si è dato altresì fondo ai risparmi di
lavoratori e pensionati investiti in obbligazioni subordinate. Inutile
dire che i cittadini amareggiati, gli unici esenti da colpe, sono anche
gli unici ad oggi a non essere stati risarciti.
Ci è d’obbligo qui ricordare l’Art. 47 della Costituzione:
“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito”
I risparmiatori non sono affatto stati tutelati ma vi è di più: assistiamo a un vero e proprio macroscopico rovesciamento di responsabilità.
È
evidente che qualcosa è andato storto ed è pertanto lecito chiedersi se
al di là dell’eventuale mala gestione”, dei prestiti “non performanti”
che non sono stati onorati, ci sia qualcos’altro.
Ovvero: esiste
un istituto giuridico che permette di distrarre il rischio di perdite
dalla banca, che sarebbe il soggetto obbligato, alle persone comuni?
Il Professor Giacinto Auriti avrebbe certamente risposto affermativamente.
Egli infatti parlava di vera e propria strategia di conquista.
L’uomo della strada, soleva dire il Professore, è convinto che il titolo azionario sia una “quota del capitale sociale”.
Niente di più falso.
Le società per azioni sono concepite come un fantasma giuridico,
definita per legge “persona giuridica”, che è un’entità completamente
diversa dai soci. È infatti una personificazione senza contenuto umano,
che in altri ordinamenti è chiamata anche “società anonima”.
All’atto
del conferimento del capitale il sottoscrittore diventa possessore di
un titolo di credito, tant’è che nel bilancio tale conferimento è
riportato al passivo. Il punto è che tale titolo di credito,
assimilabile ad una cambiale, è del tutto anomalo. Un vero e proprio
mostro giuridico che non ha ragion d’essere nell’ordinamento legislativo
di un paese improntato alla giustizia sociale. Infatti la cambiale come
tutti sappiamo è caratterizzata dalla certezza nell’ammontare e nella
scadenza.
Ora chiediamoci: il titolo azionario può definirsi certo?
Noi
tutti sappiamo che quando si parla di azioni esistono due valori. Il
valore di emissione, cioè il “valore nominale” e il valore di borsa,
frutto della contrattazione al rialzo o al ribasso del mercato. Il
valore esterno ovvero la quotazione di borsa si forma per pura
convenzione, cioè perché accettato come reale.
Come il Prof Auriti insegna:il popolo che accetta la convenzione raddoppia la propria ricchezza.
Tale
regola è ben nota ai vertici mondiali. Sicché quando viene meno la
convenzione viene azzerato il valore esterno mentre quello interno, cioè
quello di emissione, è ben al sicuro nelle casse del fantasma giuridico
Spa.
Ed
è proprio così che i titoli della banca popolare di Vicenza, dapprima
collocati al prezzo di euro 62,50, sono crollati fino a quotare a 0,10
centesimi di euro5. Ed è lo stesso fenomeno che sta interessando MPS.
Decadendo la convenzione decade il valore, che nulla ha a che fare con il valore materiale.
Ne
volete una prova?
Le banconote in lire hanno perso valore nel momento
in cui è cessata la convenzione sociale, attribuita dai consociati. E
vantare un credito verso un fantasma giuridico è una totale aberrazione.
“I fantasmi non esistono neanche nel diritto” Giacinto Auriti
Infatti,
il sottoscrittore può ben perdere quanto investito, in barba al dettato
costituzionale, come purtroppo vediamo. Questo non è assolutamente un
caso ma è frutto di: una vera e propria strategia che permette di sdoppiare i valori e commercializzare il simbolo in luogo dell’oggetto.
Gli
operatori di borsa che hanno disponibilità di denaro illimitata ben
possono prevedere, in quanto in grado di causare, l’andamento delle
quotazioni. In tal modo possono spogliare a piacimento gli investitori
dei valori a loro conferiti. Il tutto avvalendosi di un mostro
giuridico, ovvero il titolo azionario che non ha nessun motivo di esistere nel nostro ordinamento normativo.
Per
questo, riteniamo imprescindibile una riforma dell’ordinamento
giuridico che miri a cancellare tali storture del sistema normativo.
Per
chi non avesse ancora chiaro il meccanismo predatorio basta ricordare
il caso “Edison”, ossia come un’azienda con patrimonio sociale di poche
decine di miliardi sia costata al contribuente italiano 5.000 miliardi
di lire.
Nel prossimo articolo vi racconteremo tale incredibile vicenda.
Per la Scuola di Studi Giuridici e monetari “Giacinto Auriti”
10.10.2016, Dott.ssa Sara Lapico
Nessun commento:
Posta un commento