ROMA MAGGIO 1944 – TEATRO ADRIANO |
Il 3 luglio del 1913, nacque a Montecelio,(Roma) Sigfrido Eusebio Zapattereni, conosciuto come Padre Eusebio, il frate confessore di Mussolini stesso.
Eusebio era entrato giovanissimo in seminario e, ordinato sacerdote, scelse l'ordine dei frati minori. Si distinse subito per la sua oratoria, la grande capacità di parlare in pubblico e di farsi ascoltare. Era dotato di una voce possente e di una dialettica formidabile, che unite a forza fisica , gagliardia e vigore non comuni, fecero in breve di lui un seguitissimo predicatore.
Presto notato e indicato idoneo per il ruolo di cappellano militare, Padre Eusebio durante la Seconda guerra mondiale fu inviato in Grecia, Jugoslavia e Russia.
Durante il 1942 tenne, da “Radio Lubiana” una serie di trasmissioni dove con la sua inconfondibile arte oratoria illustrava le pagine del Vangelo.
La fede di un uomo , anche di un uomo di chiesa, non è solo preghiera, ma si evince da come si pone davanti alla vita, alle difficoltà, da come affronta con coraggio gli eventi.
Lui era un combattente , non un traditore, e l'8 settembre 1943, trovandosi in Francia, si unì agli uomini del Capitano di Vascello Enzo Grossi che alla base di Bordeaux (Betasom) prestarono giuramento di fedeltà all'alleato germanico. Prima di rientrare in Italia si fermò in Normandia, nella zona di Tours, dove favorì l'arruolamento di molti volontari italiani nella 17 SS Panzer-Grenadier-Division. “Gotz von Berlichingen” e tornò ancora in Francia il 28 giugno giugno 1944, a Lione , per trattare la costituzione di un battaglione di 500 uomini di SS Italiane al comando del maggiore Marenghi.
É trascorso oltre un secolo dalla sua nascita e questo anniversario passa ogni anno sotto silenzio, di questo prete che fece parte delle SS Italiane , che indossò tonaca e camicia nera con uguale valore, nessuno parla, pochi ricordano.
In Italia, durante i mesi della RSI, ebbe contatti con Roberto Farinacci e eseguì un fitto programma di discorsi tenuti in ogni parte del Nord. Parlò ovunque , instancabile, a piazze gremite e plaudenti, in una fotografia molto bella, forse la più famosa, lo si vede su un palco, con il suo vestito da frate, sotto la bandiera della Repubblica Sociale che arringa la folla accorsa in massa e guardandolo si riesce a immaginare, quasi a sentirne la voce forte e vibrante. Nei suoi interventi Padre Eusebio, nonostante la guerra fosse prossima alla fine, parlava di Badoglio come la personificazione di Giuda Iscariota che aveva tradito la sua Patria e pugnalato alle spalle i Tedeschi alleati fedeli, coprendo di fango e vergogna un popolo “proteso verso un ben diverso destino”, ricordava come l' esempio della riscossa lo avessero dato i primi soldati della Repubblica che sul Vallo atlantico, accanto ai camerati germanici, dimostrarono che “la vera Italia non ha mai capitolato, che l'Italia di Mussolini è una bandiera che ha sempre sventolato, una fiamma che non ha mai cessato di ardere(...)I caduti domandano oggi agli armati della Repubblica un atto di fede, un ultima suprema prova d'amor patrio ed è certo che i giovani protesi verso il combattimento risponderanno come un sol uomo all' imperativo dei morti. Il monito dell'ora è : Credere, Obbedire e Combattere, credere nel destino della Patria, obbedire al verbo di Mussolini, combattere agli ordini di Graziani....”. E si arrabbiava verso quanti aspettavano l'arrivo degli Alleati, e non mancava di prorompere in insulti antiebraici. Insisteva che solo nel Duce e nel Fuhrer si vedeva la possibilità di instaurare una nuova e più alta giustizia sociale. Malgrado la sua posizione ufficiale, si adoperò comunque per mettere in salvo diversi sacerdoti perseguitati dai tedeschi e alcuni giovani renitenti. Il 24 aprile 1945 tenne il suo ultimo coraggioso discorso nella centralissima Galleria di Milano e il 26 aprile fu arrestato in Prefettura insieme al Dott. Cantagalli, esponente del P.F.R. Durante il processo a Milano alla Corte di Assise Straordinaria, si difese con il solito coraggio , ma fu condannato a 20 anni di reclusione. Amnistiato , uscì dal carcere e partì come missionario in Sud America, per non fare mai ritorno.
Portò la sua opera tra i poveri di Buenos Aires e presso il grande «Sanatorio Municipal» della capitale argentina, dove morì nel 1985.
Padre Eusebio incarnò fino all'ultimo il cameratismo coraggioso e fraterno ,indossando la sua doppia uniforme e voglio ricordarlo oggi con la frase di Brasillach "Il cameratismo è il frutto più bello del dolore degli uomini. Nasce nel combattimento, nella guerra, nasce nella prigione. Non nasce, per essere precisi, dalle idee. O piuttosto le idee non prendono peso e valore che quando sono chiaramente incarnate nei corpi umani, quando sono vissute da dei camerati. Noi avremo conosciuto questo privilegio".
Tratto da:
https://www.facebook.com/groups/1635065336755528/permalink/1757606177834776/
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