La storia attraverso i documenti
"Alla base del futuro ordine europeo e mondiale, c'è la Sua concezione dello Stato, c'è la Rivoluzione fascista: rivoluzione nell'ordine dello spirito come in quello del diritto, nell'ordine economico come in quello sociale"
Siamo ancora con
Carlo Alberto Biggini, il quale collega lo scritto esaminato nei giorni
scorsi risalente al 25 giugno 1922 relativo alla concezione dello Stato
e lo mette a confronto con "gli altri innumerevoli che ciascuno di noi
può ritrovare con una attenta ed intelligente lettura dei suoi scritti e
discorsi".
Biggini parla naturalmente di Mussolini, e sottolinea quindi
come attraverso questo esame del pensiero mussoliniano attraverso il
tempo "si avrà di fronte la personalità morale intellettuale politica di
Benito Mussolini in tutta la sua mirabile profetica coerenza, in tutta
la grandezza del Suo genio".
E giunge così al "grande disegno" del Duce:
"dal Covo all'Impero".
Ecco cosa ci dice Biggini: "La crisi dello Stato
italiano apre alla sua mente (e in questo senso la crisi 1919-1922 fu
veramente benefica) il grande tormentoso problema di una Italia che
doveva ritornare Impero, di una Roma che doveva nuovamente esercitare
nel mondo la sua funzione di universalità politica. La più alta delle
sue idealità, la più profonda e drammatica delle sue passioni: idealità e
passione che hanno fatto a lui trovare la forza e la saggezza
necessarie per interpretare, orientare e dominare il corso della storia
di questo titanico secolo, che porterà il Suo nome".
Pensate un po': il
secolo di Mussolini... sarebbe dovuta andare così, già.
Poteva mai
immaginare, Biggini, che pure fu una mente illuminata, quale
ingratitudine questo popolo, oggi, avrebbe palesato? Certamente no.
No,
non perché Biggini non fosse capace di comprendere, semplicemente no
perché quella storia non meritava e non merita la damnatio memoriae.
Ed è
persino troppo facile addurre le prove di quanto si dice su queste
colonne, e basta leggerle ogni giorno per comprenderlo.
"Alla base
dell'Impero, alla base del futuro ordine europeo e mondiale, c'è la Sua
concezione dello Stato, c'è la Rivoluzione fascista: rivoluzione
nell'ordine dello spirito come in quello del diritto, nell'ordine
economico come in quello sociale".
Ma questa Rivoluzione, sottolinea
Biggini, non è fine a se stessa:
"Pochi movimenti politici - dice -
possono essere designati, nella storia, con la suggestiva parola di
'rivoluzione' come il movimento fascista. E difatti una rivoluzione non è
tanto un moto violento di popolo che, mediante la forza, conquista il
potere, ma bensì un movimento politico-sociale, un processo storico che
riesce a dar vita ad un nuovo ordinamento della società e dello Stato.
Ossia la rivoluzione-mezzo per trasformare lo spirito del popolo e per
instaurare un nuovo ordine: la rivoluzione non fine a se stessa, ma
mezzo per realizzare la nuova concezione politica attraverso un lavoro
lungo e duro".
Insomma il Fascismo fu una rivoluzione, dice Biggini.
Lo
fu davvero, esso rivoluzionò lo spirito degli Italiani, per dirla con
Biggini risvegliò nel popolo
"il sentimento del dovere, della lotta, del
sacrificio, l'abitudine alla disciplina, il senso dell'obbedienza,
l'idea della subordinazione dell'individuo allo Stato, della
solidarietà, della collaborazione".
E se guardiamo a questo tempo, in
cui tutto questo non c'è più, l'amarezza è davvero tanta.
Oggi se si
parla di disciplina, di ordine, di "subordinazione" qualcuno potrebbe
insorgere, perché si tende a esaltare fino alle estreme conseguenze il
concetto di libertà, fino a confonderlo con quello di anarchia.
E
guardate che parlare di libertà non è cosa semplice.
In troppi si
riempiono la bocca di concetti come libertà e solidarietà, senza avere
piena coscienza della severità che questi due termini essenziali per la
vita dell'essere umano portano con sé.
La libertà è qualcosa di
estremamente complesso, è "difficile", la libertà.
Se ne fa uso e abuso,
troppo spesso, riducendo questo concetto alla "possibilità di fare ciò
che si vuole".
Ma no, signori, questa non è "libertà": questo è svilire
il concetto di libertà, questo è relegare il concetto di libertà,
costringerlo entro confini che ad esso non appartengono.
Libertà è ben
altro: libertà è rispetto, libertà è pensiero e azione che si
concretizzano per un bene più alto, che è quello dello Stato, della
Nazione, della comunità alla quale si appartiene.
Libertà è
consapevolezza, libertà è cultura, è sapere, è conoscere.
Senza
conoscenza, senza consapevolezza non può esservi libertà.
Possedere i
valori, questo è libertà.
Altrimenti si è amebe, altrimenti si ignora, e
chi ignora non è libero: è schiavo della peggiore schiavitù, che è
quella culturale e di pensiero.
emoriconi@ilgiornaleditalia.org
Emma Moriconi
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