Accusata falsamente di spionaggio, la donna fu uccisa e gettata in una grotta carsica nel bellunese. Era il settembre 1944.
Un
bambino di sei anni strappato all’abbraccio della sua mamma da uomini
che l’accusavano falsamente di essere una spia. Una giovane donna,
incinta, uccisa e poi gettata in una foiba. Una storia drammatica,
violenta, triste. E purtroppo vera. A raccontarla, molti anni dopo, è
quel bimbo divenuto ormai adulto, testimone diretto e involontario di
uno dei tanti crimini impuniti di quegli anni sanguinosi e tormentati.
Si
chiama Gian Aldo De Pieri e le sue parole, riportate in un articolo di
Francesco Jori su Il gazzettino del 18 marzo 1989, squarciano il velo di
silenzio, bugie ed omertà che per troppo tempo ha ricoperto quel che è
accaduto nel settembre 1944 sul Cansiglio, nel bellunese.
Sua
madre Nella, racconta Gian Aldo, fu presa dai partigiani per vendicarsi
del padre, volontario della Guardia nazionale repubblicana. Come
motivazione ufficiale per l’arresto utilizzarono quella del presunto
spionaggio. Ma lei “era innocente. Un loro medico chiese di non
ucciderla perché era incinta. In un primo tempo le concessero la grazia,
ma poi la fucilarono ugualmente. Ed infine – racconta il figlio – la
gettarono nel Bus de la Lum: lo dice lo stesso certificato di morte”. La
sua replica, carte alla mano, segue la smentita dei partigiani a
proposito dei cadaveri gettati nell’inghiottitoio carsico che la gente
del posto chiama “Buco della Luce” (Bus de la Lum), che Gian Aldo qualifica come piena di falsità e inesattezze.
Nella De Pieri
aveva 36 anni quando venne uccisa. Era sposata con Lino e dal loro
matrimonio erano nati Gian Aldo e Gabriella. Nel settembre 1944 Lino
militava nella GNR e Nella lo aspettava a casa. Una
mattina, mentre stava andando in paese con il figlio, venne fermata da
alcuni ribelli, che la accusarono di essere una spia. Nella venne
processata e graziata. “Ma proprio mentre la stavano mandando a casa,
arrivò un partigiano che insistette per l’esecuzione”, dice suo figlio.
Che aggiunge: “la denuncia partì da qualcuno che voleva compiere una
vendetta. Alcuni partigiani poi hanno anche ammesso che era innocente.
Altri hanno sostenuto che la documentazione era andata bruciata. Nessuno
ha mai potuto dimostrare le accuse”.
Per
confermare la sua tesi, Gian Aldo si appoggia a molti documenti
raccolti nei mesi successivi da una sua zia. In uno di essi si legge:
“il medico che avevano con loro si alzò e disse di stare bene attenti
prima di commettere un delitto, perché era in stato interessante”. Ed
ancora, in particolare per quanto riguarda la grazia poi revocata, c’è
la testimonianza di Decimo Granzotto, sindaco di Belluno dopo
la Liberazione, al quale la cognata di Nella si era rivolta per avere
notizie. Le disse che in quei giorni “lui era già venuto via, ma che
seppe dal dottore che la donna era con la Divisione Nannetti”.
Scrive
ancora Francesco Jori: “fucilata il 9 settembre '44 da partigiani della
brigata Tollot su in Cansiglio, Nella De Pieri non morì subito: fu
necessario darle il colpo di grazia, secondo la testimonianza resa al
parroco di Cadola (la parrocchia della donna) da Luigi Boito, un
partigiano di Ponte nelle Alpi. E dopo? Dopo, hanno detto i partigiani
nella recente conferenza stampa tenuta a Vittorio Veneto, fu sepolta in
un cimitero della zona. Contro questa versione c'è il certificato di
morte redatto dal parroco, don Giacomo Viezzer, custodito nell'archivio
parrocchiale di Santa Maria di Cadola”. Un documento il cui testo
contraddice indiscutibilmente la versione fornita: “uccisa dai
partigiani il giorno 9 corrente mese (settembre) al Pian del Cansiglio –
è scritto nel certificato - ed ivi sepolta presso il burrone detto Bus
de la Lum. Comunicazione avuta dai partigiani del Cansiglio testimoni al
processo”.
Gian
Aldo e sua sorella Gabriella nel frattempo erano stati affidati alle
suore di un istituto di Ponte nelle Alpi. Suo marito Lino venne ferito
in Val Camonica durante uno scontro a fuoco. E morì esattamente due mesi
dopo Nella, il 9 novembre 1944.
Sono
passati settant’anni. E a parte pochi onesti coraggiosi – come
l’associazione Arpa Birmana RSI, che ha condiviso on line una nota
dedicata a Nella De Pieri – storie come queste restano una ferita
aperta. Che potrà essere curata soltanto con la verità.
Cristina Di Giorgi
Scusa, ma dove sono le grotte carsiche nel bellunese? Sei sicura? Ricorda che il fratello di Pasolini fu ucciso dai "garibaldini", ma lui restò comunista!
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