venerdì 27 maggio 2016

THE ITALIANS

Premessa.
Mussolini come tutti i rivoluzionari ha preso dove poteva prendere, come Lenin prese dal Wall Street e persino dal Kaiser tedesco. La rivoluzione ha le sue leggi e le sue esigenze.
Mussolini prese dalla massoneria per creare il popolo d'Italia, dagli inglesi e per sostenere reggere il fronte interno dopo Caporetto, ma in ogni caso, SEMPRE E COMUNQUE, Mussolini si muoveva negli interessi della nazione. Egli seguì sia pure ondivamente, data la debolezza del nostro paese, una linea geopolitica euro asiatica confacente ai nostri interessi, e sapeva bene che il nostro nemico principale erano gli inglesi che consideravano il Mediterraneo (Cuore e vita dell'Italia) un loro lago (!).
Se così non fosse stato e se Mussolini fosse invece stato un "agente inglese", come certi imbecilli hanno presupposto, leggendo superficialmente documentazioni di archivio, non si darebbe giocato la vita per arrivare allo scontro armato con i britannici.

 

THE ITALIANS. LA SERIE -13.

 Londra scopre il fascismo antibritannico. In un rapporto del Secret Service, il resoconto di un colloquio avvenuto nel 1923 tra Mussolini e indipendentisti indiani: 

“L’Italia non sarà mai prospera e potente finchè gli inglesi controlleranno il Mediterraneo»

(Gandhi fotografato nella Sala delle armi di Palazzo Venezia, subito dopo un colloquio ufficiale con Mussolini, il 12 dicembre 1931)
(A cura di Mario Josè Cereghino e Giovanni Fasanellla)

Non era passato neppure un anno dalla marcia su Roma, che proiettò sulla scena politica  Benito Mussilini, celebrato dalla stampa e dai leader inglesi come il salvatore dell’Italia dal comunismo e uno dei più grandi statisti della storia. Pochi mesi dopo quella “passeggiata” in vagone letto da Milano a Roma, i Servizi del Regno Unito, intercettarono un colloquio segreto tra il nuovo capo del governo italiano e alcuni rappresentanti del movimento indipendenstista indiano, che proprio allora stava muovento i primi passi sotto la guida del Mahatma Gandhi.  Così, Londra scoprì l’altra faccia di Mussolini, quella antibritannica e “mediterranea”.
B - FO 371 8889


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Tra il maggio e il giugno del 1923, a Londra, il governo inglese entra in fibrillazione: è appena giunto da Roma un lungo, allarmato rapporto del Secret Intelligence Service.
“Il Sis assicura che il dispaccio è assolutamente autentico – scrive con preoccupazione un alto funzionario del Foreign Office, il 5 giugno –, dal momento che proviene da una fonte di prima mano.”
La source di queste notizie – allerta una nota “privata e segreta” dell’11 giugno 1923 inviata dal Foreign Office all’ambasciatore Sir Ronald Graham, a Roma – non dev’essere assolutamente “compromessa”. Insomma, se gli italiani
“avessero il minimo sentore che noi siamo al corrente delle loro mosse, sarebbero immediatamente in grado di identificare la persona che ci ha trasmesso le informazioni”.
La vita del misterioso “confidente” dello spionaggio inglese, quindi, correrebbe seri “pericoli”.
Il rapporto del Sis, infatti, “è del tutto attendibile”. Porta la data del 25 maggio 1923 e già nel titolo annuncia che il giovane Mussolini ha aperto un dialogo con i “rivoluzionari” dell’India, la perla dell’Impero britannico in Asia. In vista dei “piani italiani” per la “penetrazione economica” del subcontinente.
A - FO 371 8889
Il colloquio si è svolto a Palazzo Chigi la sera del 27 febbraio 1923.
Il capo del governo italiano, al potere da pochi mesi, ha ricevuto nel suo studio due noti leader indipendentisti indiani: Moulvi Barakatullah e Abdul Wahid. Il governo fascista, segnala il dispaccio top secret del Sis, guarda con simpatia alle “aspirazioni” di questa formazione.
Le prime parole del futuro Duce fanno sussultare i governanti britannici che, a Londra, si trovano tra le mani il resoconto dell’intelligence:
“Quando l’India conquisterà l’indipendenza, sarà il giorno più felice della mia vita”.
Mussolini è di buon umore e parla a ruota libera dinanzi ai suoi ospiti:
Io ho abbandonato il Partito Socialista [novembre 1914] perché ero stanco dell’egoismo e della codardia dei suoi leader.
Desideravo promuovere una rivoluzione seguendo i miei piani e le mie idee. Ho quindi creato il Partito Fascista, riuscendo così a fare la rivoluzione [ottobre 1922] senza spargimento di sangue.
La mia idea non è quella di eliminare la società per il puro gusto di distruggerla, così come ha fatto Lenin. La mia rivoluzione mira invece ad abrogare le attuali leggi sociali per poi ripristinarle su basi più solide.
Quando ho assunto il potere, ho trovato le casse del Tesoro vuote, nonché un’economia e un’industria rovinate e dominate dall’Inghilterra e dall’America. Che potevo fare in tali circostanze?
Io ho due grandi obiettivi: voglio anzitutto sbarazzarmi del dominio economico esercitato dai paesi stranieri, oltre a riorganizzare e a sviluppare l’industria italiana.
In secondo luogo, punto a modificare le leggi sociali e il sistema di governo seguendo nuove linee democratiche, se possibile su princìpi più avanzati di quelli che si ispirano al socialismo puro. […]
Questi progressi, tuttavia, non possono essere raggiunti in un sol giorno. Il mio partito e io stiamo cercando poco alla volta di guadagnarci la simpatia delle masse, in modo da annientare il potere delle altre formazioni politiche. […]
Nel mio ruolo di capo del Partito Fascista, voglio dirvi francamente ciò che stiamo facendo per liberarci dal dominio economico dell’Inghilterra.
Voi certamente siete ben al corrente delle mie opinioni sull’imperialismo inglese. Io intendo rimanere fedele a tali idee nella buona e nella cattiva sorte, in modo da arrivare in ultimo all’espulsione dell’Inghilterra dal Mediterraneo.
Sono pienamente consapevole che l’Italia non sarà prospera e potente fino a quando i paesi che si affacciano sul Mediterraneo non si libereranno dal controllo inglese, e finché l’India non sarà indipendente. […]
A nome del Partito Fascista, io vi assicuro il mio pieno sostegno. […]







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