Tutte le ricostruzioni e le testimonianze sulla morte di Mussolini e la
Petacci (a cominciare dalle versioni riportate da Pisanò, Lonati e
Lazzaro) concordano almeno su cinque punti chiave:
1- Mussolini e la Petacci furono uccisi in un orario diverso da quello
“ufficiale” delle 16:10, riconducibile certamente al mattino.
2- La fucilazione è avvenuta nelle vicinanze della casa dei De Maria, di
fatto sbugiardando la ricostruzione “ufficiale” del cancello di villa
Belmonte.
3- La morte della Petacci non è stata un incidente, ma un atto voluto.
4- Ad uccidere Mussolini e la Petacci non è stato Walter Audisio, ma qualcun altro.
5- Davanti al cancello di villa Belmonte, alle 16:10 è stata inscenata una finta fucilazione.
Perché dunque mentire per tutto questo tempo e costruire ad hoc una versione “ufficiale” da passare per sempre alla storia?
Forse per i due probabili seguenti motivi:
1° MOTIVO
Ad uccidere Mussolini è stato qualcuno che non doveva esporsi
pubblicamente e che probabilmente non aveva neppure previsto di essere
l’esecutore materiale dell’omicidio, fino a quando gli eventi stavano
precipitando e si vide allora “costretto” ad intervenire in prima
persona, onde evitare che il prigioniero sfuggisse loro di mano. Infatti
gli Alleati, venuti a conoscenza della cattura del Duce, avevano già
predisposto l’invio di un aereo per portarlo via. I messaggi radio che
il Comando Alleato invia al CLNAI e CVL nella serata del 27 aprile sono
eloquenti:
Messaggio n° 1:
“Il Comando Alleato desidera immediatamente informazioni su presunta
locazione di Mussolini. Se è stato catturato, si ordina egli venga
trattenuto per immediata consegna al Comando Alleato.”
Messaggio n° 2:
“Fateci sapere esatta posizione Mussolini. Invieremo aereo per rilevarlo.”
Messaggio n° 3:
“L’aereo che verrà a ritirare Mussolini, atterrerà ore 18:00, domani, all’aeroporto di Bresso. Preparare segnali d’atterraggio.”
Intanto i principali membri della 52^ Brigata partigiana “Garibaldi”,
ovvero il comandante Pier Luigi Bellini delle Stelle “Pedro”, Urbano
Lazzaro “Bill”, Luigi Canali “Capitano Neri” e Michele Moretti “Pietro”,
che avevano in custodia Mussolini, dopo il suo fermo a Dongo,
rivolgendosi al CLNAI per avere disposizioni sulla gestione del
prigioniero, ricevono un preciso ordine dai loro superiori:
“Custodite bene il prigioniero, con tutti i riguardi. Non gli sia
torto un capello: piuttosto di fargli violenza, in caso di fuga,
lasciatelo fuggire….”.
A quel punto il comandante “Pedro” e il “Capitano Neri” decidono di
portare al sicuro Mussolini, prima nella caserma della guardia di
finanza di Germasino, poi nella notte trasferendolo a Bonzanigo di
Mezzegra nella casa dei coniugi De Maria, amici fidati del “Neri”.
Evidentemente però ai comunisti e all’ala più violenta e fanatica della
resistenza, questa cosa non andava bene, tanto che Luigi Longo (il
presunto vero esecutore materiale dell’omicidio di Mussolini, capo del
Comitato Insurrezionale Antifascista e futuro n° 1 del P.C.I.) disse
anni dopo in un’intervista, a proposito dell’ipotesi che il Duce fosse
stato processato da un tribunale angloamericano:
“ …Ho molti dubbi che in questo caso Mussolini sarebbe stato condannato a morte…”
Appunto per questo membri importanti del P.C.I. decisero di intervenire
in prima persona ed in tutta fretta, al fine di eliminare fisicamente il
prigioniero, nel timore di vederselo togliere dalle mani dagli Alleati…
Necessitando poi di nascondere la propria responsabilità diretta,
attribuendo ad un fantomatico Colonnello Valerio il ruolo di esecutore
materiale, attraverso una versione di comodo.
A conferma di tutto questo c'è la preziosissima testimonianza di Francesca De Tomasi, cugina proprio di quel Walter Audisio che "ufficialmente" viene considerato l'autore del duplice omicidio Mussolini-Petacci, e che all'epoca lavorava presso il comando generale delle brigate partigiane “Garibaldi”.
Fu lei l’incaricata di trascrivere a macchina tutto il rapporto che si decise di far pervenire al giornale di partito “L’Unità” inerente alla descrizione dei fatti del 28 aprile.
Quel giorno erano presenti nell’ufficio in cui lavorava la De Tomasi, oltre a suo cugino Audisio, che appunto le dettò il resoconto, anche l’altro protagonista "ufficiale", ossia Aldo Lampredi.
Nella sua più che attendibile testimonianza, riporta come molto spesso suo cugino esitava nella descrizione dei fatti, tra dubbi e inceppamenti, leggendo di continuo dei foglietti pieni di appunti, il che tutto faceva chiaramente supporre che ciò che veniva raccontato era stato inventato, tanto che più volte Audisio chiese l’approvazione di Lampredi, inerente ad un particolare o ad un fatto accaduto.
Cosa che, se uno fosse stato realmente protagonista di quegli avvenimenti, non aveva certo bisogno di chiedere l'approvazione ad altri....
A conclusione del racconto, Audisio rivolgendosi a sua cugina disse con tono minaccioso che quella doveva esser la versione che sarebbe per sempre passata alla storia; poco dopo Lampredi, dando una pacca sulla spalla ad Audisio esclamò: “Allora d’accordo? La sopporti tu adesso la parte dell’eroe…”
Dimostrazione emblematica: dovevano proteggere il nome di qualcun altro all'interno del loro partito, qualcuno di molto in alto, qualcuno forse come Luigi Longo?
A conferma di tutto questo c'è la preziosissima testimonianza di Francesca De Tomasi, cugina proprio di quel Walter Audisio che "ufficialmente" viene considerato l'autore del duplice omicidio Mussolini-Petacci, e che all'epoca lavorava presso il comando generale delle brigate partigiane “Garibaldi”.
Fu lei l’incaricata di trascrivere a macchina tutto il rapporto che si decise di far pervenire al giornale di partito “L’Unità” inerente alla descrizione dei fatti del 28 aprile.
Quel giorno erano presenti nell’ufficio in cui lavorava la De Tomasi, oltre a suo cugino Audisio, che appunto le dettò il resoconto, anche l’altro protagonista "ufficiale", ossia Aldo Lampredi.
Nella sua più che attendibile testimonianza, riporta come molto spesso suo cugino esitava nella descrizione dei fatti, tra dubbi e inceppamenti, leggendo di continuo dei foglietti pieni di appunti, il che tutto faceva chiaramente supporre che ciò che veniva raccontato era stato inventato, tanto che più volte Audisio chiese l’approvazione di Lampredi, inerente ad un particolare o ad un fatto accaduto.
Cosa che, se uno fosse stato realmente protagonista di quegli avvenimenti, non aveva certo bisogno di chiedere l'approvazione ad altri....
A conclusione del racconto, Audisio rivolgendosi a sua cugina disse con tono minaccioso che quella doveva esser la versione che sarebbe per sempre passata alla storia; poco dopo Lampredi, dando una pacca sulla spalla ad Audisio esclamò: “Allora d’accordo? La sopporti tu adesso la parte dell’eroe…”
Dimostrazione emblematica: dovevano proteggere il nome di qualcun altro all'interno del loro partito, qualcuno di molto in alto, qualcuno forse come Luigi Longo?
2° MOTIVO
La morte della Petacci non era stata prevista, tanto che quando avvenne,
i membri del CLNAI dovettero inventarsi una versione che ne
giustificasse in qualche modo l’accaduto, facendola passare alla storia
come un incidente.
Si può supporre che non siano stati i partigiani ad ucciderla, ma
qualcun altro, ovvero qualcuno che aveva tutto l’interesse a tappargli
la bocca per sempre. Qualcuno, come gli agenti dei servizi segreti
britannici, in cerca della documentazione in possesso di Mussolini (a
cominciare dal carteggio con Churchill) e che sapevano benissimo che la
donna era al corrente di tutti i segreti di quegli anni, specie la
corrispondenza scottante tra i due statisti…
Anche la dinamica della morte (come testimonierà Dorina Mazzola al
giornalista Giorgio Pisanò) e come dimostrano poi anche i fori di
proiettile (d’uscita sul petto che sanciscono una fucilazione alla
schiena) fanno supporre che qualcuno degli agenti segreti, arrivati sul
posto e trovato già morto Mussolini, decisero di finire il “lavoro
sporco” iniziato dai partigiani, eliminando colei che poteva
testimoniare molti dei segreti che inchiodavano il premier britannico
alle sue responsabilità. Infatti la fucilazione della Petacci avvenne
improvvisamente, tanto da far imbestialire i partigiani presenti sul
posto che inveirono contro l'oscuro responsabile di quell'atto, che
evidentemente agì con una tattica "mordi e fuggi" stile servizi
segreti....(a tal proposito rileggersi versione Pisanò e testimonianza
Dorina Mazzola, negli attimi immediatamente successivi alla fucilazione
avvenuta alle spalle della povera Claretta...).
A conferma ulteriore della presenza sul luogo quel giorno di agenti dei
servizi segreti mandati da Churchill, esistono nei registri pubblici
inglesi della Public Record Office di Londra due precisi documenti
ufficiali:
- Nel primo si dimostra l’esistenza di una specifica operazione dei
servizi segreti britannici per uccidere Mussolini, designando come capo
dell’operazione un certo Capitano John (quello di cui parla Bruno
Lonati).
- Nel secondo documento, datato aprile 1945, si fa riferimento
all'urgente necessità di recuperare la documentazione in possesso del
Duce, tanto che ad un certo punto si legge esplicitamente:
“Negli archivi di Mussolini c’è molto materiale che dovremmo
recuperare al più presto…. Molto di questo materiale è compromettente
per gli Alleati e per alte personalità italiane….”
Da tutto ciò si può allora supporre che è stata solo una questione di
tempistica: chi per primo è arrivato quella mattina a Bonzanigo di
Mezzegra, ha eliminato il Duce; gli altri, giunti soltanto dopo sul
posto, si sono “accontentati” di finire il lavoro sporco, eliminando
anche la povera Claretta.
La pista inglese, almeno nel caso dell'omicidio di Claretta sembra sostanzialmente appurata, ma non si può neppure escludere l’ipotesi della cattiva gestione degli avvenimenti da parte di chi aveva Mussolini e la Petacci in custodia, degenerata col passare delle ore (in tal caso la versione di Urbano Lazzaro sarebbe plausibile).
Ad ogni modo i partigiani si ritrovarono a gestire la morte irruenta del Duce avvenuta in tutta fretta nella mattinata del 28 aprile, e poi a dover fare i conti con l’uccisione della Petacci un paio d’ore dopo, ad opera di sicari inglesi giunti sul posto nelle stesse ore in cui Luigi Longo, Aldo Lampredi & C. procedettero all’esecuzione spiccia e senza alcun processo di Mussolini.
La pista inglese, almeno nel caso dell'omicidio di Claretta sembra sostanzialmente appurata, ma non si può neppure escludere l’ipotesi della cattiva gestione degli avvenimenti da parte di chi aveva Mussolini e la Petacci in custodia, degenerata col passare delle ore (in tal caso la versione di Urbano Lazzaro sarebbe plausibile).
Ad ogni modo i partigiani si ritrovarono a gestire la morte irruenta del Duce avvenuta in tutta fretta nella mattinata del 28 aprile, e poi a dover fare i conti con l’uccisione della Petacci un paio d’ore dopo, ad opera di sicari inglesi giunti sul posto nelle stesse ore in cui Luigi Longo, Aldo Lampredi & C. procedettero all’esecuzione spiccia e senza alcun processo di Mussolini.
Possiamo quindi stabilire che potrebbero essere questi i motivi che
hanno portato a raccontare una colossale menzogna sulla morte del Duce e
della Petacci, inventandosi la fucilazione di villa Belmonte, dove alle
16:10 spararono “in nome del popolo italiano” su due cadaveri…..
Il Comitato Verità e Giustizia per Mussolini
tratto da: http://comitatovgxmussolini.blogspot.it/2016/03/le-probabili-motivazioni-di-tante.html
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