martedì 2 marzo 2010

Istanza di messa in stato d'accusa del Capo dello Stato.


CHI CALPESTA GLI ARTICOLI 3, 18, 21 E 49 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA, DAI QUALI DISCENDE IL DIRITTO DI COSTITUIRE ANCHE IL PARTITO FASCISTA?

MA PROPRIO IL CAPO DELLO STATO, L'ON. GIORGIO NAPOLITANO, CON L'INDEBITO SOSTEGNO OMISSIVO E SURRETTIZIO DEI COMPONENTI IL COMITATO PER I PROCEDIMENTI D'ACCUSA, CHE DOVREBBERO INVECE INTERVENIRE PER DARE IL VIA ALLA PROCEDURA. ESSI, INFATTI, DOPO DUE ANNI DALLA RICHIESTA, DA PARTE DI SALVATORE MACCA, DI MESSA IN STATO D'ACCUSA DELL'ON. NAPOLITANO, HANNO VIOLATO LA LEGGE OMETTENDO GLI ATTI DOVUTI E IMPEDENDO COSI' CHE LA PROCEDURA AVESSE ED ABBIA IL SUO CORSO.

BRESCIA, 25 FEBBRAIO 2010
SALVATORE MACCA, BRESCIA


documento 1°

Istanza di messa in stato d'accusa del Capo dello Stato.
Perché il Parlamento a Camere riunite dopo 21 mesi non decide?
I PARADOSSI

La mia arma? La Costituzione.
La mia forza? La Costituzione
La mia determinazione? La Costituzione
Chi fa tremare i miei, i nostri nemici che la stanno calpestando? La Costituzione.
Chi li sconfiggerà? Ma la Costituzione!

ALL'ECC.MO SIG PRESIDENTE DELLA CORTE COSTITUZIONALE DELLA REPUBBLICA
Piazza Quirinale, 41, 00187 ROMA
L'esponente, il cittadino Italiano Salvatore Macca, con ricorso 4 aprile-19 maggio 2008 (doc. 3 e 4), indirizzato al Presidente pro tempore della Camera dei deputati, chiedeva che si procedesse nei confronti del Presidente della Repubblica, l'On. Giorgio Napolitano, per attentato alla Costituzione a norma degli arti. 90, co. 2°, ipot. 2^, 63, 134, ip.3^, 135 ult. co., Cost., nonché dell'art. 12 L. cost. 11 marzo 1953 n.1, dell'art. 17 L.25.1.1962 n.20, capo I1 (secondo), e artt. 5 e segg. L.5 giugno
1989 n. 219.
Ciò perché lo stesso, pur avendo il dovere di rappresentare l'unità nazionale, (art.87, comma I°, cost.) non impediva che ai cittadini di fede fascista fosse vietato di godere e di esercitare i diritti sanciti dagli artt. 3,18,21 e 49 Cost., solennemente garantiti a tutti i cittadini, compresi, dunque, anche a quelli di fede fascista. Discriminazione esercitata dal parlamento, rifiutandosi di abrogare, e mantenendo in vita in modo anomalo, arbitrario e surrettizio, la XII disposizione transitoria di attuazione della costituzione. che. essendo transitoria, e dunque destinata a coordinare, come tale, la vecchia normativa con la nuova, doveva avere una durata assai breve, due-tre anni, poco più poco meno, ma che invece è in vigore dal I° gennaio 1948, e cioè da quasi 62 anni. Disposizione che è la base per la permanenza in vigore di una legislazione persecutrice, tirannica, faziosa, discriminatrice e vessatoria dei cittadini di fede fascista. (Leggi Scelba e altre simili)
Sappiamo tutti che le leggi le approva e le abroga il parlamento, ma sappiamo pure che nell'inerzia, in questo caso faziosa e ostile, del medesimo, i cittadini discriminati avevano pensato che potesse bastare rivolgersi al Capo dello Stato, come ultimo approdo per avere giustizia, dopo un vano ricorso dello scrivente alla cosiddetta e sedicente “Alta corte europea di giustizia per la difesa dei diritti del1'uomo” che, dopo due anni, (2002-2004), decise rigettando il ricorso, con una letterina priva di motivazione e inappellabile. definita, chissà mai perché, decisione.
Si era ingenuamente certi che potesse bastare, come si diceva, rivolgersi al Capo dello Stato, che è il presidente di tutti gli Italiani, e dunque anche il loro. Presumevano, infatti, che il medesimo, e per la carica rivestita, e per l'età raggiunta, che di regola induce saggezza e fa guardare con occhio più sereno e distaccato le vicende vissute e le sventure della Patria comune, fosse al di sopra di certe passioni non consone alle funzioni di un Capo di Stato, e fosse il Presidente di tutti i cittadini, e non solo di quelli in sintonia col suo pensiero politico, anche se non con la sua specifica ideologia. Ma così non è stato, perché l'On. Napolitano, sebbene informato di tale situazione, e sebbene sollecitato più volte, anche dallo scrivente, a intervenire, come risulta dalla documentazione e dagli scritti difensivi prodotti, non ha mai mosso un dito per ristabilire, meglio dire, per stabilire, dopo decenni di odiosi soprusi, l'uguaglianza di tutti gli Italiani di fonte alla legge. Rivelando così, senza remora alcuna, che la sua passione di uomo di parte e il suo personale ideale politico, quello di comunista, prevalgono su ogni altra considerazione. Perfino su quella di osservare la costituzione, anche se, disinvoltamente, non perde occasione per appellarsi alla democrazia, e, di recente, anche alla morale, come se l'esercizio di entrambe tali virtù potesse essere facoltativo e relativo, e perciò privo di valore assoluto.

Tanto premesso, osserva l'istante che, dopo alcune richieste di informazione sulla condizione della procedura promossa, la Segreteria della Camera, il 24 settembre 2009 (doc. n.10), e quindi dopo più di un anno e mezzo dalla presentazione della denuncia, su disposizione del presidente della Camera, Fini, trasmise la seguente comunicazione, in forma sintetica e non integrale, mancando un testo scritto: "(omissis) ...si fa presente che l'esposto sopra citato è stato trasmesso al Comitato per i procedimenti d'accusa ai sensi dell'art. 5 della legge 5 giugno 1989 n. 219 e che, secondo quanto comunicato dal Presidente del Comitato medesimo al Presidente della Camera dei deputati, l’ufficio di presidenza del comitato stesso ha ritenuto all' unanimità di non ravvisare nell'esposto gli estremi di una notizia di reato. " (La sottolineatura è dell'esponente).
Che cosa era avvenuto? Che il Comitato presieduto dal Presidente del Senato, non soltanto aveva omesso di redigere la relazione prevista dall'art. 12, comma I°, Legge cost. 11 marzo 1953 n.1, e di depositarla a disposizione del Parlamento in seduta comune, attività che è conditio sine qua non perché la procedura possa muoversi, ma inoltre, usurpando in modo inammissibile i poteri del Parlamento in seduta comune e violando così le connesse garanzie formali e sostanziali del denunciante, e forse anche del denunciato, stabilite dalla legge, decise soltanto esso, col voto dei suoi componenti, con inammissibile disinvoltura che si è tradotta in autentico arbitrio, alla chetichella, fra amici, in famiglia, nel modo quasi clandestino sopra riprodotto in corsivo.
E intanto, dal 4 aprile-19 maggio 2008, data della denuncia e della conferma della medesima dopo l'insediamento del nuovo Parlamento, nulla è avvenuto, nonostante i solleciti del denunciante.
Si rileva, a questo punto, che nei confronti di coloro che adottarono il citato comportamento, è configurabile l'ipotesi del delitto di omissione di atti d'ufficio.(art.328 cod. pen.). Ma non solo, dato che il comma 3° del più volte citato articolo 12 legge 1953 n.1, consente di configurare, in situazioni del genere, la più grave ipotesi di concorso nel reato continuato e permanente di cui all'art. 90 della costituzione, ravvisabile nell' atteggiamento omissivo del Capo dello Stato, come più volte illustrato nei precedenti atti che si producono. Infatti, ove l'inerzia illegittima dei Componenti del Comitato Parlamentare per i procedimenti d'accusa dovesse perdurare, le conseguenze, anche procedurali, sarebbero gravi, imponendosi, infatti, la sostituzione di quanti si siano trovati coinvolti nell'omissione di atti dovuti, omissione per effetto della quale si è ritardata, meglio dire arrestata, oltre ogni limite di ammissibilità e di ragionevolezza, una grave e molto importante situazione di denunciata illegalità, che per la prima volta si sta verificando in Italia. Forse perché tutti, persone e mezzi di propaganda, consapevoli di non aver nulla da dire di fronte all'evidenza dell'accusa, ma, simultaneamente, perché convinti, con ostentata sicumera e spavaldo menefreghismo, della impunità del soggetto, chissà mai per quale misteriosa ragione, gratificato da inammissibile solidarietà illegittimamente attuata in un parlamento affollato da gente che non ci trova nulla di strano né di male che vengano perseguitati, da oltre sessant'anni, con leggi discriminatici e vessatorie, e con soprusi inauditi e impuniti, i loro connazionali di fede fascista.
E dunque, pur sembrando, salvo errore, che avanti a codesta Ecc.ma Corte costituzionale non si possa adottare una qualche impugnativa sul problema che qui si propone, non esistendo, nella previsione legislativa, un rimedio contro la illegittima, meglio dire illecita, inerzia del Comitato per i procedimenti d'accusa, forse per la inverosimiglianza e la inauditezza del fatto che il legislatore non avrebbe mai potuto prevedere, non essendo l'Italia, almeno fino ad allora, il 14 marzo 1953, una repubblica delle banane, pare opportuno, anzi doveroso, se è vero che siamo in uno Stato democratico, come si continua a sbandierare ai quattro venti, che la Corte medesima sia informata di quanto è avvenuto e sta avvenendo, nella speranza che giustizia si renda a tanti buoni Italiani, a tanti cittadini per bene, arbitrariamente privati di diritti inalienabili, di cui godono tutti gli altri loro connazionali, esplicitamente previsti e sanciti dagli artt. 3, 18, 21 e 49 della Carta costituzionale.
Ma se a rispondere a questa segnalazione dovesse essere soltanto il silenzio, quod Deus avertat, non resterebbe che disperare sul futuro di uno Stato come quello attuale.
Si producono fascicolo documenti e indice.
Brescia, 7 gennaio 2010
Salvatore Macca

documento 2°

Brescia, 27 novembre 2009

PROCEDURA DI MESSA IN STATO D'ACCUSA DEL CAPO DELLO STATO
ON GIORGIO NAPOLITANO

COMPARSA CONCLUSIONALE DEL DENUNCIANTE
Al sig. Presidente del Comitato per i procedimenti di accusa formato dai componenti della Giunta del Senato e da quelli della giunta della Camera.
Ai componenti del Comitato per i procedimenti d'accusa, formato dai componenti della Giunta del Senato e da quelli della Giunta della Camera
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Ai Capi gruppo del Senato e della Camera
Prego di prendere atto, come già rilevato con le precedenti difese, che con la comunicazione, sia pure sintetica e informale, a me spedita il 24.9.2009 dalla Segreteria Generale, riportata nel mio atto difensivo 27.9.2009, denominato reclamo, e nel successivo, e cioè la memoria difensiva di sollecito 3 novembre 2009, atti di cui raccomando, ai destinatari tutti, la rilettura, e coi quali contestavo la citata comunicazione, è agevole rilevare che il Comitato per i procedimenti d'accusa ha fornito la prova lui stesso di non avere osservato l'art. 8, comma 2°, legge cost. 5 giugno 1989 n.219, astenendosi illegittimamente dal redigere e dal presentare "al Parlamento in seduta comune la relazione prevista dall’art.12 della legge costituzionale 11 marzo 1953 n.1, come modificato dall'art.3 della legge costituzionale 16 gennaio 1989 n.1.".
Relazione che avrebbe finalmente dato il via alla procedura da me promossa il 4 aprile 2008, ancora "intonsa", per così dire, proprio perché l'illegittimo comportamento del Comitato ne ha arrestato il corso normale. Ma questo è niente, perché con tale atto illegittimo si è posta in essere anche I'usurpazione dei compiti e dei poteri del Parlamento che, esso soltanto, in seduta comune, a maggioranza assoluta e a scrutinio segreto, ha il potere e il diritto di decidere sulla istanza di messa in stato d'accusa. Con la inammissibile conseguenza che soltanto le poche persone componenti il Comitato, e non le 900 circa componenti il Parlamento, e con voto palese (unanime, e quindi "in famiglia". e quindi liberamente controllabile e controllato o addirittura concordato, dagli amici e dai nemici) e non a scrutinio segreto, come doveva essere, abbiano deciso, con un provvedimento contra legem, e perciò inesistente, di aver “ritenuto all'unanimità di non ravvisare nell'esposto gli estremi di una notizia di reato”.
Vale a dire, sostanzialmente, anche se non formalmente ed esplicitamente, di avere sciolto esse, l'accusato, da una imputazione assai grave, importante e rara, legittimamente formulata, nella più totale ortodossia legale e procedurale, da un cittadino italiano, avente il pieno diritto di farlo. Si è vista cosi una manciata di poche persone non autorizzate, arrogarsi il diritto, in un caso delicatissimo, di usurpare esse, con estrema, inammissibile leggerezza e disinvoltura, un potere, notate bene, del Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta e a scrutinio segreto e non palese. E' proprio vero che il Popolo italiano non fa che ricevere cattivi esempi, anche di pessima didattica educativa perfino ai bambini stranieri, da gente inopportunamente collocata ai vertici dello Stato! Non occorre chiedere perche il Comitato abbia agito così, essendo noto che tutti i personaggi al potere, oggi, per una sorta di riflesso condizionato quasi irresistibile per arcana e perversa suggestione, sono ormai tutti immancabilmente condizionati dalla pregiudiziale antifascista in qualsiasi questione di ogni giorno. Pregiudiziale che, da oltre 60 anni, ha invaso a macchia d'olio, imbrattandola di truce, stolta e sordida faziosità, la vita politica della nazione. E dunque, nessuno osa, anzi, nessuno ha il coraggio, che poi non ne occorrerebbe, di mostrarsi disponibile alla ipotesi di partecipare alla rimozione dell'accusato dalla nicchia dorata in cui si trova, nicchia prodiga di onori e di privilegi a lui conferiti per essere stato comunista e per esserlo ancora, per volontà dei comunisti, dei socialisti e non solo, nella succube compiacenza di chi aveva il dovere e il potere d'impedirlo. Rimozione peraltro solo eventuale all'esito dello scrutinio segreto, comunque basata sulle norme della Costituzione e non sull'arbitrio, nel rispetto, non solo dei suoi diritti, ma anche di quelli di quei cittadini che, come lo scrivente, già aviatore della Repubblica Sociale Italiana, si vedono malvagiamente e iniquamente privati di inalienabili diritti civili ed umani, di cui godono tutti gli altri Italiani, ma da cui sono esclusi solo quelli di fede fascista! Diritti riconosciuti a tutti, senza distinzioni di idee politiche e senza illegali discriminazioni, proprio dalla Carta costituzionale, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, creata, guarda caso, dagli antifascisti, stranamente migliori, ed è il colmo, di quelli odierni. Si noti che, paradossalmente, con le norme vessatorie e persecutrici di cui si chiede l'abrogazione, vengono colpiti non soltanto i superstiti delle feroci stragi antifasciste protrattesi per oltre tre anni dopo la fine del conflitto, ma anche gli appartenenti ad almeno tre generazioni successive! Come dire che condanne, divieti, discriminazioni, Inflitti agli sventurati fascisti (o presunti tali!) nei lontani anni del dopoguerra, dovrebbero spiegare all'infinito i loro effetti punitivi anche su gente estranea a fatti lontani nel tempo e nello spazio, colpevoli di nulla, dato, ma non concesso, che di colpe allora si fosse trattato. La immaginate, voi, una cosa simile, nell'ambito del diritto penale comune, se oggi i figli, i nipoti e i pronipoti di un imputato di un qualsiasi reato, anche il più grave, dovessero subire essi, ancora, concretamente, delle conseguenze per i reati commessi da remoti ed ignoti antenati? Cose che soltanto i comunisti, i socialisti e il più vieto ed ottuso antifascismo di tutte le tinte, riescono a concepire! E intanto l'On. Napolitano, sebbene informato e sollecitato, non muove un solo dito per far cessare, in sede parlamentare, le discriminazioni, dimostrando così di non volere l'unità nazionale, che proprio lui dovrebbe rappresentare (art.87, comma 1°, costituzione), e si permette ancora di discriminare ingiustamente e odiosamente una parte degli Italiani per le loro idee politiche, cosa che è nettamente in contrasto con gli articoli 3, 18, 21 e 49 della Carta. Ma, conoscendo il proprio carattere, e sapendo dunque che non sarebbe potuto essere un presidente con dei fascisti in parlamento, cosa che prima o poi dovrà avvenire e avverrà, gli piaccia o non gli piaccia, non avrebbe dovuto accettare la designazione. Col rischio, che si sta concretizzando, di danno al suo prestigio, alla sua attendibilità e alla sua immagine. Ma il fatto è che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Tornando all'esame della vicenda in corso, si deve rilevare che i componenti del Comitato hanno trascurato la circostanza, importante, grave e rischiosa, di avere posto in essere, col loro comportamento, gli elementi costitutivi del delitto di omissione di atti d'ufficio. Anzi, più esattamente e peggio, di aver concorso, e di continuare a concorrere, con Napolitano, con le loro consapevoli omissioni e violazioni, nel reato permanente di attentato alla costituzione, di cui all'art. 90, comma I°, ipotesi seconda, Costituz., e 12, comma 3°, legge 11 marzo 1953 n. 1. Comportamento che, nel complesso del suo esplicarsi, potrebbe indurre a pensare, ragionevolmente e non arbitrariamente, che l'omissione abbia voluto esprimere solidarietà. all'imputato. Ma se cosi fosse, sarebbe inevitabile procedere alla sostituzione di tutte le persone, nessuna esclusa, coinvolte nell'operazione, consentendo così alla procedura, vanamente pendente da quasi due anni, di prendere il via con la formazione e il deposito della relazione (compito semplice. bastando produrre copia della denuncia e degli allegati con un breve commento).
Se non si rimedierà al più presto, cosa forse ancora possibile, ed anche assai facile, perché la comunicazione 24 settembre 2009 è inesistente giuridicamente, per essere contra legem, e per le ragioni ampiamente esposte nel mio reclamo del 27 settembre 2009 e nella memoria del 3 novembre successivo, allegati agli atti d'ufficio, si presenteranno gravi problemi, di merito, di procedura e forse anche istituzionali, con la necessità della sostituzione, con persone estranee alla vicenda, di tutti i componenti coinvolti nell'illecito. Per rimediare potrebbe forse bastare, intanto, ma subito, redigere la relazione e depositarla a disposizione del Parlamento in seduta comune per la decisione a scrutinio segreto. Non è superfluo rilevare che, consentendo, come doverosamente dovuto, che la procedura segua il suo corso naturale senza illecite forzature ed intralci deliberatamente attuati, si potrà scoprire anche quanti parlamentari, col voto segreto saggiamente imposto dalla legge, siano soddisfatti o meno di un presidente che non osserva il giuramento, prestato prima di assumere le funzioni, (art. 91 costituzione), che attenta alla costituzione, (art.90, comma 2°, ip.2^), che non rappresenta l'unità nazionale (art. 87 Costituz.), che si permette di discriminare i cittadini in base alle loro idee politiche, che impedisce, coi suoi atteggiamenti omissivi permanenti, a quelli di fede fascista, di fruire dei più elementari diritti, e dei privilegi di natura ideale e civile, sanciti dagli artt. 3, 18, 21, 49 della costituzione, che di proposito non si attiva per la rimozione di norme vessatorie, dalla XII disp. trans. della cost. alle leggi Scelba e simili. Senza con ciò escludere che il Parlamento in seduta comune possa non deliberare per la messa in stato d'accusa. Ipotesi a fronte della quale io non potrei adire la Corte Costituzionale, nemmeno per affidare al suo giudizio le questioni d'incostituzionalità qui poste delle leggi repressive ancora in vigore contro il Fascismo, dato che il Parlamento non è un organo giurisdizionale, onde le sue deliberazioni non possono essere impugnate avanti alla Corte Costituzionale.
Ma se il Comitato, dopo questa "comparsa conclusionale", dovesse restare ancora inerte, non esiterei a comunicare alla citata Corte, per conoscenza e informazione, l'illegittimo comportamento passato, o ora reiterato, dei componenti tutti del Comitato
P.Q.M.
Il denunciante Salvatore Macca conclude chiedendo che il Comitato per i procedimenti d'accusa, formato dal Presidente del Senato e dai componenti della Giunta del Senato e da quelli della Giunta della Camera, preso atto della giuridica inesistenza dell'atto privo di denominazione, senza data, non sottoscritto, privo dei nomi dei componenti, senza numero di protocollo, per così dire clandestino, portato a conoscenza del denunciante in modo informale e sintetico, con comunicazione spedita il 24 settembre 2009 dalla Segreteria Generale della Camera, voglia provvedere, sotto la direzione del Presidente del Senato, a redigere la relazione di cui all'art. 12, comma I°, legge 11 marzo 1953 n. 1, e a depositarla innanzi al Parlamento in seduta comune.
Con riserva, in caso di ulteriore inerzia, di segnalare la medesima per conoscenza e informazione, e, comunque, a tutti gli effetti, alla Corte Costituzionale, destinataria degli atti per l'eventuale giudizio.
Brescia, 27 novembre 2009
Salvatore Macca


documento 3°

COMPARSA INTEGRATIVA 9 FEBBRAIO 2010 DELLA CONCLUSIONALE 27
NOVEMBRE 2009 REDATTA DA SALVATORE MACCA
Al Presidente del Senato On. Renato Schifani
Al Presidente della Camera dei Deputati On. Gianfranco Fini
Al Senatore On. Marco Follini
E p.c.
Al Presidente della Corte costituzionale
Ho a suo tempo preso atto che il Segretario Generale del Senato, nella missiva 15 dicembre 2009, con firma illeggibile, redatta su carta intestata al suo ufficio, mi comunicava che gli atti giudiziari, impropriamente definiti "lettere", erano stati trasmessi "al Presidente del Comitato Senatore Marco Follini" che si è riservato d'informare l'Ufficio di presidenza del comitato medesimo "nella prima riunione utile". Ho motivo di presumere che la medesima, dopo circa due mesi, non sia ancora avvenuta.
Quanto mai opportuno, quindi, considero l'invio di questa memoria integrativa della comparsa conclusionale del 27 novembre 2009. Pende infatti avanti al Comitato parlamentare per i procedimenti d'accusa, presieduto, in questa legislatura, dal Presidente del Senato Senatore Renato Schifani (e non Marco Follini), una mia istanza 4 aprile-19 maggio 2008, di messa in stato d'accusa del Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano per attentato alla Costituzione, a norma dell'art. 90 (art. 12 Legge costituzionale 11 marzo 1953 n. 1), con deliberazione che deve essere adottata dal Parlamento in seduta comune, a scrutinio segreto e a maggioranza assoluta, su relazione del citato Comitato, formato dai componenti della Giunta del Senato e dai componenti della Giunta della Camera dei deputati, presieduto dal Presidente della Giunta del Senato della Repubblica o dal Presidente della Giunta della Camera dei deputati, che si alternano per ciascuna legislatura". In questa legislatura quello del Senato.
Nel caso in questione l'istanza è sorretta da vari atti difensivi motivati da me redatti, ed è basata, oltre che sull'inerzia del Parlamento. che non ha mai messo all'ordine del giorno dei suoi lavori l'abrogazione della XII disposizione transitoria della costituzione, che vieta la ricostituzione del partito fascista, ed è la base di tutta la legislazione repressiva e persecutrice accumulatasi negli anni, e che per le sue caratteristiche di norma transitoria sarebbe dovuta durare due-tre anni, poco più poco meno, mentre invece dura da oltre sessantadue, anche sull'inerzia, ben peggiore, del Capo dello Stato che, sebbene più volte pregato, anche da me, non ha mai preso alcuna iniziativa sul delicato e importantissimo problema. Si noti che le norme repressive traggono dalla XII d.t. l'alibi per esistere all'infinito, e sono in conflitto clamoroso con ben quattro articoli della costituzione, e precisamente il 3, uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, il 18, diritto di libera associazione, il 21, diritto di libera manifestazione del pensiero, e il 49, diritto di libera associazione.
Senza qui ripetere motivazioni ed argomenti già svolti ed esistenti agli atti, mi limito a fare delle domande puramente retoriche, perché la risposta è già in esse, e dimostrano con chiarezza che se i giudici devono essere soggetti soltanto alla legge, i politici, nella realtà di ogni giorno, non devono, ma possono esserlo, solo se e quando loro piaccia.
1- Perché, dopo la presentazione della istanza di messa in stato d'accusa, che risale alle date 4 aprile-19 maggio 2008, e dunque a quasi due anni or sono, il Comitato parlamentare per i procedimenti d'accusa, (Componenti Giunta del Senato, Presidente Schifani Renato, e Componenti Giunta Camera, Presidente Fini) non ha ancora presentato al Parlamento in seduta comune la relazione prescritta dall'art.12 Legge cost. 11 marzo 1953 n.1, come modificata dalla Legge cost. 16.1.1989 n.1, in clamorosa violazione dell'art.8, co. 2, Legge cost. 5 giugno 1989 n.219?
Operazione facile da compiere, bastando allegare una breve lettera di accompagnamento alla denuncia, da compiere immediatamente, (e qui son passati quasi due anni), realizzandosi, in mancanza, gli elementi costitutivi, materiali e psicologici, del delitto continuato, meglio dire permanente, di attentato alla Costituzione, oltre al delitto, gravissimo per la natura del caso di specie, di omissione di atti d'ufficio.
Il Segretario Generale della Camera, rispondendo alla mia sollecitazione dell'8 settembre 2008, con cortese nota del successivo giorno 16, mi informava, fra l'altro, che "Il Presidente e l'Ufficio di Presidenza del Comitato in base alla regola dell'alternanza di cui all'art. 12, comma 2, della citata legge costituzionale, (nota: in questa legislatura) sono quelli della Giunta per le elezioni e le immunità del Senato della Repubblica.
Il documento da Lei inviato è stato trasmesso al predetto Comitato ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 5 giugno 1989, n.219."
2-Perché il Presidente del Comitato parlamentare, e cioè il Presidente del Senato Schifani Renato, pur sapendo, o avendo l'obbligo di saperlo, che, senza tale relazione, il Parlamento in seduta comune non si sarebbe mai potuto riunire per la decisione a scrutinio segreto e a maggioranza assoluta, tanto che fino ad oggi non ha ancora provveduto, perché, si ripete, non ha presentato la relazione? La risposta la dà tutto il contesto, come si vedrà fra poco.
3-Non solo, ma perché il Presidente del Senato Schifani Renato, e tutti i componenti della sua Giunta, hanno permesso che il presidente della Camera Fini Gianfranco, e tutti i componenti della sua Giunta, con decisione orale. quasi clandestina e in famiglia, a me comunicata il 24.9.2009 su ordine verbale, non si comprende bene di chi, lungi dal dare il doveroso impulso alla procedura nell'unico modo possibile, e cioè con la presentazione della relazione, si sono permessi, non solo di omettere un atto dovuto, ma, usurpando i poteri del Parlamento in seduta comune, a scrutinio segreto e a maggioranza assoluta, di entrare addirittura nel merito, con modalità illegittime, anzi illecite, proclamando essi, indebitamente, non in segreto, che nei fatti denunciati non c'erano elementi di reato? Anche qui la risposta è nel contesto.
4-Dovendosi presumere che tutti i componenti del Comitato parlamentare per i procedimenti d'accusa conoscessero, avendone l'obbligo, la normativa che per legge erano chiamati ad applicare, il fatto che non l’abbiano applicata dimostra soltanto che non l'hanno voluta applicare. Perché? La risposta è una sola non essendocene altre. Per tentare di sottrarre il denunciato all'onta della procedura e alle sanzioni stabilite dalla legge. Si è detto “tentare” perché, a conti fatti, lo stesso interessato non fa nulla per nascondere il suo fermo proposito di non vedere i fascisti in Parlamento. Ma il capo dello Stato italiano, che rappresenta l'unità nazionale, (art. 87 Cost.), ed è il Presidente di tutti gli Italiani, e non solo di quelli che gli stanno simpatici, non si può permettere il lusso di queste discriminazioni. Si deve dimettere! Anche se, con le dimissioni, non sfuggirebbe al processo, cosi dimostrando, anzi, ammettendo lui stesso, sia pure in modo implicito ma per acta concludentia, e cioè per comportamento univoco, di avere adottato volontariamente il comportamento che realizza gli elementi costitutivi del delitto permanente di attentato alla Costituzione. Si direbbe perfino che abbia fatto tutto il possibile per dimostrare, non solo la propria coerenza politica, ma anche la sua tenace avversione e l'odio eterno al fascismo, palesando cosi anche il timore, anzi, la certezza, che un fascismo operante alla luce del sole, senza la spada di Damocle della persecuzione giudiziaria, diverrebbe certamente un pericoloso concorrente elettorale. Ciò spiega pure il motivo per cui, sebbene sia stato costantemente informato, anche da me, ancor prima della presentazione dell'istanza di messa in stato d'accusa, non abbia preso alcuna iniziativa "morbida" per la soluzione del problema, anche a costo di porsi contro la legge (la Costituzione), che coi suoi articoli 3, 18, 21 e 49 vuole che tutti i cittadini, e quindi anche quelli di fede fascista, odiati da Giorgio Napolitano, possano godere dei privilegi da essi articoli offerti. Ciò prova in modo lampante che il Presidente ha commesso il delitto continuato, anzi, permanente, di attentato alla costituzione, previsto dall'art. 90 di essa, e punito dall'art. 15 citata Legge costituz. 11 marzo 1953 n.1, con condanna pronunciata, se riconosciuto colpevole, cosa inevitabile, dalla Corte costituzionale.
5-Ma il fatto è che, così agendo, ha creato grossi problemi ai componenti del Comitato parlamentare che, per aiutarlo, hanno volontariamente scelto comportamenti illeciti, rendendosi suoi correi nel delitto di attentato alla costituzione, come sancito dal comma 3 dell'art.12 Legge costituzionale 11 marzo 1953 n.1, nonché di omissione continuata di atti d'ufficio. Solo così si spiega la pantomima rivelata nella comunicazione della Segreteria Generale della Camera dei deputati del 24 settembre 2009, in cui mi si informa che "…secondo quanto comunicato dal Presidente del Comitato ...al Presidente della Camera dei deputati (nota mia: e perché non a quello del Senato Schifani, allora competente per la legislatura in corso in forza dell'alternanza ?) l'Ufficio di presidenza del Comitato stesso ha ritenuto all'unanimità di non ravvisare nell'esposto gli estremi di una notizia di reato”, affermazione vigorosamente contestata da me nel RECLAMO del 27 settembre 2009, in cui ho dimostrato il contrario, formulando io stesso un ampio ed esauriente capo d'imputazione.
Quanto sopra enunciato fa apparire inverosimile che i componenti del Comitato si rivelassero e agissero consapevolmente, e non per il fine di cui alla domanda n.4, così da sprovveduti da non vedere ciò che è sotto gli occhi di tutti, giungendo perfino ad usurpare i poteri di competenza del Parlamento in seduta comune, a scrutinio segreto e a maggioranza assoluta.
Ma se la comprensione umana verso il Presidente da parte dei membri del Comitato si può anche capire, non si può invece capire il fatto che qualche milione d'Italiani di fede fascista debba vedersi capricciosamente espropriare, per una inammissibile impuntatura quasi infantile, frutto di piccolo fanatismo politico, della possibilità di esercitare un legittimo e sacrosanto diritto sancito dalla Costituzione.
Tenuto fermo che Deus amentat quos perdere vult, Dio soglie il senno a coloro che vuole rovinare, invito i componenti del Comitato parlamentare per i procedimenti d'accusa a fare il loro dovere, presentando immediatamente la relazione perché la procedura possa finalmente fare il suo corso, dopo circa due anni di incredibile, inammissibile, illecita e volontaria inerzia di chi aveva il dovere di provvedere. Cosa che, forse, potrebbe salvarli da una imputazione, in correità col Presidente Napolitano, per i crimini configurati e configurabili nei suoi confronti, e per quello di omissione permanente continuata di atti d'ufficio.
Brescia, 9 febbraio 2010
Salvatore Macca

2 commenti:

  1. Buongiorno Antonio,
    da tempo anch'io seguo con molto interesse e amara disullusione -devo dire- la battaglia di diritto condotta da Salvatore Macca, attraverso i resoconti pubblicati su "Il Popolo d'Italia".
    Vengo a conoscenza, dal sito "Uniti per l'Italia", entro il quale anch'io mi pregio di apparire con i miei articoli, che da questo suo eccellente blog si rende pubblica questa iniziativa sconosciuta al 99% (stima per difetto) del popolo italiano.
    Indiscutibilmente è di fondamentale importanza che ciò venga divulgato il più possibile, pertanto emulerò il suo gesto ed anch'io darò spazio a questa importantissima iniziativa, pubblicando questo suo articolo all'interno del mio blog.
    Le faccio i complimenti per il suo sito, estremamente interessante.

    I miei saluti.
    Lictor
    www.hesperia-nobis.blogspot.com/

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  2. Ti ringrazio Lictor. E apprezzo molto.
    Da poco tempo sto seguendo anche il tuo blog che trovo ben fatto.
    Purtroppo sono proprio i pseudo-camerati a non volerne sapere di questo procedimento.
    Giustificano è meglio che non succede perchè tanto poi non si saprebbe chi dovrebbe comandare. Pazzesco !
    Fingendo di non capire che è tutto bello è chiaro.
    Colgo l'occasione di portarti a conoscenza che sono solo a portare avanti il "testamento della RSI"
    http://www.lamoscabianca.eu/POLITICA/Le%20costituzioni%20della%20RSI%20-%20lo%20scaffale%20di%20Antonio%20Pocobello%2015112009.htm
    Ritengo necessario dare seguito a questo lascito in quanto taglierebbe la testa al toro di tutti i frazionamenti in buona e cattiva fede.
    Questo, a parte la sua divulgazione, vorrei che venisse usato come l'unico modo per l'unificazione dell'area.

    Purtroppo ad oggi sono tutti sordi.
    Ma prima o poi di quà devono passare.

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